ACTOR FEDERICO PACIFICI INTERVIEWS MOVIE DIRECTOR BERNARDO BERTOLUCCI

intervista pubblicata su NYI
autunno 1995

CRIMINI PRIVATI


Bernardo Bertolucci: Bella giornata! Alta pressione.
Non è una comune battuta per rompere il ghiaccio. E' effettivamente una di quelle meravigliose giornate dell'inverno newyorkese. Un freddo polare, il cielo limpido, i marciapiedi innevati. Il sole splendente non basta a scioglere il ghiaccio tenace che si è formato qui e là. Non mi sembra sia intenzione di Bertolucci provare a sciogliere né quel ghiaccio di fuori né quello di un inizio di conversazione, non ce n'è bisogno. Appare come un uomo sereno la cui anima dinamica l'ha condotto a cercare e studiare culture diverse da quella di appartenenza geografica, la Cina, il Buthan... ed è lì che per un attimo sembra che i suoi occhi, la sua memoria si rivolgano con la considerazione sulla bellezza di questa giornata in New York. Mi piacerebbe descrivere questo grande regista cinquantacinquenne di Parma con il suono 'magico' dell''OOOOMMM' che sembra risuonare dai suoi pensieri, rimbalzare dalle montagne tibetane fino a noi. Ed ognuno mediti quel che crede opportuno. Ma non posso abusare di questa mia sensazione, torno alla realtà, quella contingente, quella di un'intervista.
FP: Lei lavora ovunque i suoi interessi la portino...
BB: Sì, è il bisogno di investigare, cercare di capire culture diverse dalla nostra, è per questo che mi sono spinto fino in Cina, nella città proibita e nella loro cultura che ci sembrava vietata, mi sono spinto tra le montagne del Buthan tra i monaci tibetani esiliati, tra i nomadi Tuareg... Certo quello che poi il film riesce a restituire di quelle culture pur essendo un mezzo immediato è forse troppo superficiale, ma è l'indagine, l'interesse che conta, la curiosità. Ricordo che Antonioni disse della Cina quando fece il suo documentario: più la conosci e meno la capisci. E' un effetto strano, ma è così.
FP: Ricorda le lagrime di Antonioni perché quel suo documentario non era stato approvato dalla Cina?
BB: Le lagrime di Antonioni con il quale sono amico, erano a Cannes per l'Avventura, lui e le Vitti fuori del palazzo del cinema, per il documentario era indignazione, del resto lui stesso disse: "Sono all'indice insieme con Confucio e Beethoven", non è poi così male.
FP: Abita tra Roma e Londra, perché non l'America?
BB: Amo New York, la sua bellezza, questa specie di multi-culturalismo straordinario, tutto passa di qua, Los Angeles ci vado spesso, ma è un po' provinciale, lì si parla di una cosa sola, di cinema e di un cinema neanche tanto interessante.
FP: Effettivamente siamo qui per parlare di cinema, ma del suo così importante nel mondo e del progetto voluto da Vittorio Storaro, da Scorsese, da lei stesso di restaurare e conservare i film attraverso una nuova tecnologia, quella del "silver master di separazione" di cui Bob Harris è lo specialista e ce ne spiega il funzionamento che per il momento lasciamo agli specialisti.
BB: Cinecittà International ha il merito di aver voluto e compiuto il restauro dei miei film attraverso quella nuova tecnologia che deve essere applicata a tutta la cinematografia. Credo e propongo che una parte del budget di ogni film dovrebbe essere destinato per legge alla realizzazione di una copia in silver master di separazione che permetterà sempre in futuro di rimetere insieme i tre colori fondamentali (il rosso il blu e il verde) delle tre copie in bianco e nero, risultato della separazione appunto, per riottenere il film così come è stato girato. Proprio perché il cinema è l'arte che più rappresenta questo secolo ed è giusto tentare di conservarla. Ho avuto la fortuna di veder restaurati i miei film che sono proiettati al Lincoln Center in collaborazione con "The Film Society" di Martin Scorsese presieduta da Raffaele Donato.
FP: Questo per i colori.
BB: Così come si trasferiscono i colori su un supporto indistrutttibile come l'argento, si deve anche trasferire il sonoro su di un supporto in poliesere che è plastica ed è indistruttibile come l'argento... Gli sfugge un risolino pensando alla plastica.
FP: L'arte quindi non sarà più quella della poetessa futurista interpretata da Dominique Sanda in "Novecento" che buttava le sue creazioni?
BB: E' curioso che tu abbia ricordato quella scena. All'inizio ero un po' dubbioso. Avendo fatto "Il Piccolo Budda", essendo venuto a contatto con quella cultura buddista che continuamente parla di impermanenza, quella loro arte dei "Sand Mandala", creazioni di sabbia che necessitano una cura, una pazienza direi feroce e che poi in un colpo di vento scompaiono, pensavo che i film fossero per la loro deteriorabilità un po' come i Mandala di sabbia e invece stiamo cercando di farli durare; è molto appassionante come idea. Anche nel mio ultimo film "Stealing Beauty" la protagonista interpretata da Liv Tyler, scrive delle poesie che continuamente brucia, strappa o butta al vento...
FP: Strano, ritorna a distanza di tanti anni la stessa immagine, il desiderio di bruciare la poesia di buttare l'arte.
BB: Sotto sotto ho sempre considerato i miei film come dei "crimini segreti", forse è per questo che non riesco o non voglio rivedere i miei film, anche perché forse mi viene voglia di rimetterci le mani, di correggerli... Ma questo è molto intimo, è molto personale, i miei "crimini" non interessano il pubblico, quello che paga il biglietto al cinema. Poesia ne ho scritta e pubblicata fino a ventuno anni, poi mai più.
FP: Come mai è tornato a girare in Italia, E' nata prima la storia che ha poi ambientato lì o l'esigenza di girare in Italia?
BB: Un pochino insieme. Erano dieci anni che non giravo più in Italia, me ne ero andato perché gli anni ottanta mi apparivano orribili e non solo in Italia, ma un po' dappertutto. Me ne ero andato il più possibile lontano da quell'odore di curruzione che c'era. Cina, Sahara, Buthan, Nephal ecc. Gli ultimi tempi tornando, mi sembrava si fosse innescato un processo di cambiamento molto interessante, così ho deciso di tornare a girare in Italia, ma non è un film sull'Italia, è un film su una ragazzina americana, ma potrebbe essere francese, inglese... una ragazzina dei nostri tempi che arriva in Toscana per una vacanza di una settimana e riparte donna. Il Chianti, ma anche le "crete senesi" il background della pittura senese. In questo film la differenza con alcuni precedenti è orchestrale, è come se invece di suonare una sinfonia, suonassi musica da camera. Invece di stare sullo spettacolo sono un po' più vicino ai personaggi, è come se questo film fosse scritto più in poesia che in prosa. In Toscana perché non volevo affrontare direttamente la realtà italiana che confesso: non capisco.
FP: La realtà italiana?
BB: Sono convinto che alla macchina da presa non si può mentire. Me ne ero andato perché la mia macchina non poteva essere ispirata da quella realtà. Chiunque io abbia davanti alla macchina da presa, Marlon Brando, John Lone o Liv Tyler sento sempre che sto raccontando una storia, ma attraverso gli strumenti del cinema verità mi spingo molto dentro queste persone che sono davanti alla macchina da presa. Vorrei fare l'ultima parte di "900", questa seconda parte del secolo dal '45 in poi. Ci penso da tre o quattro anni, ma non riesco ancora a materializzare la storia perché questa realtà è talmente sfuggente. Il cinema dipende enormemente dal contesto sociale in cui nasce. Il grande cinema italiano uscito dal '45 in poi era un cinema che rifletteva le grandi tensioni morali. La nostra realtà Italiana che cinema può esprimere? Ogni volta che c'è un film riuscito, è un caso miracoloso, determinato dalla volontà implacabile di un autore, per esempio Gianni Amelio e il suo "Lamerica"... Tutto il cinema europeo, non solo quello italiano, è agonizzante e minacciato dallo strapotere hollywoodiano. Se non fossero finanziati non ci sarebbero più concerti, anche il cinema ha bisogno di essere protetto. Le cose più interessanti del cinema di questo paese non vengono da Hollywood, ma dal cinema indipendente, Tarantino, Lynch e Scorsese, il più grande regista americano di oggi.
FP: Ricorda quella rassegna durante i primi anni ottanta, per la quale nonostante fosse ancora vietato in Italia, come in una proiezione privata a Roma si proiettò "L'Ultimo Tango a Parigi"?
BB: "Ladri di Cinema", era una rassegna di autori che confessavano a chi e dove avevano rubato scene...
FP: Gianni Amelio ha appena confessato di aver rubato a Rossellini la sequenza dei bambini che rubano le scarpe all'uomo addormentato, lei ha rubato qualcosa a qualcuno?
BB: Ho fatto man bassa di Renoir, di Ophuls, anche di film che uno non sospetterebbe mai, anche da "B" movie. Uno va al cinema e magari una scena è rimasta nel tuo inconscio...
FP: La psicanalisi presta molta attenzione ai suoi film.
BB: La psicanalisi ha accompagnato per molto tempo la mia vita, ha avuto molto peso nella mia vita.
FP: E' ancora il cinema l'arte più vicina all'onirico, oggi la "realtà virtuale" gli compete lo spazio?
BB: Avete mai avuto esperienze di quel tipo?
FP: Non attraverso tecnologie.
BB: Appunto. Credo sia ancora il cinema l' arte più vicina al sogno. Io sono onnivoro e nel mio cinema c'è molta musica e molta architettura, per esempio alcuni miei movimenti di macchina disegnano, sono delle architetture astratte che non sono visibili, ma sono architetture. Sto un po' più lontano dalla letteratura.
FP: La violenza nel cinema?
BB: C'è una sequenza di "Novecento" in cui Donald Sutherland uccide un bambino. Pur essendo contrario alla censura non vorrei che quella scena fosse vista in televisione, da un pubblico di bambini.
FP: Non sarebbe meglio insegnare ai bambini la differenza tra realtà e finzione? Li aiuterebbe anche a destreggiarsi nella vita.
BB: Certo. Certo. Due anni fa, durante una preview del "Piccolo Budda" nel New Jersey di fronte ad una platea di bambini, una cosa che mi ha molto colpito è stata che quei bambini avevano qualcosa che io da bambino non conoscevo, la paura della morte. Da bambini non si pensa alla morte, persino se c'è una persona morta in casa si riesce a riassorbire... Oggi, c'è una tale presenza di morte nelle news, anche di bambini morti, i bambini vedono altri bambini morti... che quell' idea della reincarnazione, ai bambini, piaceva moltissimo. Questo fatto che si rinasce, era un modo di esorcizzare la paura della morte. Il cinema che potrebbe essere la memoria di questo secolo, se non facciamo qualcosa, sparisce.

Grazie.
Federico Pacifici


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